Un
telefono cellulare è per sempre. La prova del nove? Anche l'ozio in
spiaggia può diventare una prolungamento dell'ufficio o della vita
sociale, con eccessi preoccupanti che possono trasformarsi in
malattia. Nomofobia:
il nome già c'è, anche se non bisogna farsi tradire dagli studi
classici. La nomofobia non è la “paura delle regole”, ma una
parola “portmanteau” che contiene il gioco di parole aglosassone
“no-mobile” più il termine greco fobia. In altre parole, una
paura di nuova generazione:
quella di non avere il cellulare a portata di mano, di non poter
chiamare e ricevere telefonate, di non essere liberi di wazzappare o
compulsare nervosamente il video dello smartphone alla ricerca degli
ultimi aggiornamenti dagli amici o dal mondo dei social network. Una
condizione che due studiosi italiani, Nicola
Luigi Bragazzi e Giovanni Del Puente dell'Università di Genova,
descrivono come caratterizzata da “ansia, disagio, nervosismo e
angoscia causati da essere fuori dal contatto con un un telefono
cellulare o un computer”.
Emozioni
negative sproporzionate rispetto alla reale situazione di pericolo
personale, ma che per questo diventano patologiche al punto
che Bragazzi
e Del Puente hanno pubblicato un documento sulla rivista Psychology
Research and Behavior nel quale, in vista delle integrazioni al
Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi mentali (DSM-V) -
la “bibbia” a cui si attengono psichiatri e psicologi di tutto il
mondo per diagnosticare e trattare le patologie del comportamento
– raccomandano
l'introduzione della “nomophobia” nel
novero delle nuove paure.
Nel
paper, Bragazzi e Del Puente descrivono questa fobia a due facce: da
una parte può essere utilizzata come “un guscio protettivo o uno
scudo” in modo impulsivo, dall'altro “come mezzo per evitare la
comunicazione sociale”. Si tratta di un paradosso che interessa le
nuove tecnologie della comunicazione già noto alla psichiatria. Ma
come si riconosce un malato di nomofobia? Ecco alcuni
comportamenti sono a rischio:
-
Usare regolarmente il telefono cellulare e trascorrere molto tempo su
di esso, avere uno o più dispositivi, portare sempre un
caricabatterie con se stessi;
-
Sentirsi ansioso e nervoso al pensiero di perdere il proprio
portatile o quando il telefono cellulare non è disponibile nelle
vicinanze o non viene trovato o non può essere utilizzato a causa
della mancanza di campo, perché la batteria è esaurita e/o c'è
mancanza di credito, o quando si cerca di evitare per quanto
possibile, i luoghi e le situazioni in cui è vietato l'uso del
dispositivo (come il trasporto pubblico, ristoranti, teatri e
aeroporti).
-
Guardare lo schermo del telefono per vedere se sono stati riceuti
messaggi o chiamate. Si tratta di un disturbo che è stato definito
"ringxiety", mettendo insieme la parola “squillo” in
inglese e la parola ansia.
-
Mantenere il telefono cellulare acceso sempre (24 ore al giorno);
dormire con cellulare o tablet a letto.
I
ricercatori, che raccomandano di evitare di considerare tutti i
comportamenti patologici (pochi si salverebbero dalla diagnosi),
citano uno studio relativo a un uomo brasiliano che per 15 anni ha
tenuto il suo cellulare sempre con lui schiacciato dal terrore di non
essere in grado di chiamare i servizi di emergenza o le persone care
nel caso si fosse sentito male. "È innegabile - commentano i
ricercatori - che la tecnologia attraverso i social media, I social
network, l'informatica sociale e i "social software" ci
permette di svolgere il nostro lavoro più velocemente e con
efficienza, ed è anche vero che interventi grazie al telefono sono
un aiuto medico utile. D'altra parte, i dispositivi mobili possono
avere un impatto pericoloso per la salute umana".
Fonte: http://d.repubblica.it/benessere
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