venerdì 9 marzo 2018

Capire gli abusi da piccoli segni inconsueti




Spesso è una questione di particolari. Di cambiamenti d’umore, di atteggiamenti che prima non si notavano e che invece emergono all’improvviso. Dettagli importanti che possono consentire a un padre e a una madre di capire che il figlio o la figlia stanno vivendo situazioni diverse dal solito. Pericolose, inquietanti, sicuramente pesanti. Carpire quegli istanti non è facile. Serve attenzione. E calma. «Pensiamo a una persona che da essere molto aperta ed espansiva si chiude in un istante, ma anche da che è molto isolata a piena di amici. Può sembrare un fatto positivo, ma a volte non lo è», spiega Giorgia Minotti, direttore tecnico capo psicologo della polizia di Stato, in servizio alla questura di Milano. 
La sua è un’esperienza quotidiana, sul campo, nelle audizioni protette durante le quali i minorenni vengono ascoltati da investigatori e inquirenti: un momento che può essere drammatico, commovente, liberatorio. Decisivo per un’indagine. Come lo è stato per la quindicenne del liceo Massimo che in quella sede ha raccontato gli abusi subiti dal prof di ripetizioni. «In quel momento, da soli, senza genitori accanto, si diventa più grandi – sottolinea la dottoressa Minotti -. Genitori e insegnanti non devono sottovalutare cambiamenti drastici di rendimento scolastico, l’incapacità dei ragazzi a sostenere interrogazioni, disturbi psicosomatici senza una ragione medica». I maschi «sono più superficiali, almeno in apparenza, perché la cultura li vuole meno toccati dalle situazioni, più forti - aggiunge -. Le femmine invece non parlano per vergogna, ma anche perché si auto colpevolizzano per qualcosa che potrebbe aver provocato le avances che hanno subito, di come poi possono essere considerate. I ragazzi difficilmente si confidano fra di loro, le ragazze lo fanno spesso con le amiche che poi si fanno portavoce con i genitori e a scuola».
Già, i genitori. «Quando va tutto bene in casa non è detto che sia così, anzi ragazzi troppo adattati alle regole, che non discutono mai con mamma e papà possono nascondere problematiche che emergono con un brutto voto, una lite con un amico, desideri non esauditi - fa notare l’esperta -. L’ipercontrollo è sbagliato, ma lo è anche pensare di stare al sicuro fornendo ai figli strumenti tecnologici, come il telefonino, che invece limitano la relazione con i genitori», dice ancora la psicologa della polizia per la quale «i ragazzi non si fidano delle capacità dei genitori di difenderli, temono che possano loro stessi rimanere vittime dei bulli o di creare problemi a casa, o ancora del fatto che il padre e la madre possano minimizzare quello che gli è accaduto. Con loro evitare metodi polizieschi, domande tipo «ma tu allora che hai fatto?» o peggio «ma guarda come vai in giro». Ascoltarli senza giudicarli, perché tutto sia spontaneo e al loro livello. Altrimenti «continueranno a pensare di potercela fare da soli«. E non è così

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