giovedì 15 gennaio 2015

Come farci ascoltare dai nostri filgi





Se i vostri figli non vi ascoltano, con molta probabilità, il problema potrebbe avere a che fare con il vostro stile comunicativo. “Per insegnare ai bambini ad ascoltare, infatti, dovete coltivare in loro l’abilità di prestare attenzione a quello che dite. Parte di questa abitudine ha a che fare con il modo in cui parlate con loro”, spiega dal suo studio di Oakland, in California, Erica Reischer, psicologa e coach genitoriale (www.drericar.com). Per esempio, se chiamate ripetutamente i vostri figli, ma rinunciate quando non ottenete risposta, in pratica state insegnando che ignorare le persone è un’opzione fra le molte possibili. Se invece, quando non vi rispondono alzate la voce, rafforzate nei vostri figli l’abitudine ad ascoltarvi solo se sentono il tono salire. La prima cosa da fare per una comunicazione produttiva, dunque, è assicurarsi che i bambini ci stiano ascoltando. “Molto spesso, infatti, i bambini mancano di consapevolezza periferale: sono completamente assorbiti da qualsiasi attività a cui si stanno dedicando”, fa notare l’esperta. Basta guardare un bambino alle prese con le costruzioni, per rendersene conto, ma fino ai quattordici anni tutti sono facilmente distratti e possono non notare quello che avviene attorno a loro. Questo non esclude, però, che i bambini ci stiano deliberatamente ignorando. “I nostri figli continuano a metterci alla prova: sono curiosi di vedere come ci comportiamo, come reagiamo alla situazione. Se, come genitori, siamo inconstanti nelle nostre reazioni, in qualche modo corriamo il rischio di provocare la loro curiosità e, paradossalmente, è come se li invitassimo a testare ogni volta quello che hanno appreso su di noi”, osserva Reischer. In generale, dunque, è importante dimostrare ai nostri figli che il nostro comportamento ha delle radici razionali, perché questo ci permette di costruire una relazione positiva. Ci sono poi i casi in cui, anche volendo, i bambini non riescono a seguirci, perché usiamo termini per loro troppo sofisticati che, se da un lato contribuiscono a migliorarne il vocabolario, dall’altro impattano negativamente sulla possibilità di farci capire. Un discorso a parte meritano i teenager, naturalmente refrattari alle parole di mamma e papà. “In questi casi, bisogna essere consapevoli del rischio che si incorre quando i bambini crescono e dunque bisogna lavorare fin da piccoli per costruire una relazione di fiducia che servirà come base di partenza quando, crescendo, i rapporti tenderanno a farsi più difficili”, avverte l’esperta. 

Per un efficace action plan, ecco sette tattiche da mettere alla prova:

1) Catturate l’attenzione 
“Quando gli chiedete di fare o non fare qualcosa, assicuratevi che i vostri figli vi abbiano sentito”. Utili a questo proposito alcuni trucchi da usare a seconda dell’età: “Con i più piccoli, abbassatevi alla loro altezza e guardateli negli occhi, mentre gli parlate. Volendo, anche un gentile contatto fisico può aiutare. Con i bambini più grandi, il contatto visivo e l’assicurazione che vi stanno sentendo sono altrettanto importanti”, suggerisce l’esperta. Oppure, cominciate la frase chiamandoli per nome.

2) Siate concisi
Se possibile, limitatevi a una frase. Quando dovete chiedere qualcosa ai vostri figli, non eccedete in spiegazioni, perché questo potrebbe tradursi in un sovraccarico informativo e avere come conseguenza involontaria il fatto che smettano di ascoltarvi. 

3) Chiedete senza ripetere 
Una volta in cui vi siete assicurati che vi stanno sentendo, chiedete quello di cui avete bisogno, ma fatelo solo una volta e vedete cosa succede, perché i loro tempi di reazione sono più dilatati di quelli di un adulto. “È possibile che vi rispondano. Se così non fosse, chiedete una seconda volta e poi spiegate le ragioni della vostra richiesta. Questo vi aiuterà a non apparire arbitrari, a non innescare lotte di potere”, propone Reischer. Per esempio, meglio dire: “Ho bisogno che tu ti metta le scarpe, perché dobbiamo uscire a comprare il latte, prima che il negozio chiuda”, piuttosto che “Metti le scarpe, perché dobbiamo uscire”. 

4) Informate i vostri figli delle conseguenze della loro indifferenza 
Capita che siate al parco, ma vostro figlio non vuole saperne di tornare a casa e, quando lo chiamate, vi ignora. Senza che risulti una minaccia, fategli presente le conseguenze del suo comportamento. Per esempio: “Fra cinque minuti andiamo a casa. Se non vieni quando ti chiamo e ti dico che è ora di andare, domani non torniamo al parco, perché il tuo comportamento rende le cose difficili”. 

5) Se possibile, lasciate che le naturali conseguenze abbiano corso
Bagnarsi i piedi, se non si mettono gli stivali. Non avere vestiti puliti, perché dimenticati sul pavimento della stanza, invece che depositati nel cesto della biancheria. “Le conseguenze sono sempre un buon maestro: ci sono azioni che valgono più di molte parole. Soprattutto nel caso degli adolescenti, quando l’eccesso di verbalità può venire interpretato come un rimprovero”.

6) Offrite un’alternativa 
Soprattutto con i più piccoli, offrire due alternative può contribuire a metterli in moto: “Preferisci mettere prima il pigiama o lavare i denti?”. Molte volte, anche con i bambini più grandi, abbiamo la possibilità di ottenere una risposta più pronta e positiva se, invece di minacciarli, gli offriamo la possibilità di uscire dall’angolo. Così, meglio dire: “Non puoi andare al parco da solo, ma puoi andare a giocare dai vicini”, perché aiuta a mantenere il canale di comunicazione aperto ed evita l’innesco di una polemica. 

7) Controllate il vostro tono (per quanto possibile)
Infine, Reischer invita a non alzare la voce, anche quando i nostri figli sembrano assolutamente sordi alla nostra voce, perché urlare crea uno schema disfunzionale di comunicazione che tiene tutti bloccati. “Non bisogna dimenticare che i figli di genitori verbalmente aggressivi tendono ad avere un livello di autostima più basso, dimostrano alti livelli di aggressività e maggiori tassi di depressione”, conclude l’esperta.





Fonte: http://d.repubblica.it/


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