venerdì 25 settembre 2015

Basta poco per non procrastinare e rimandare



Se rimandare è un istinto da sempre, internet oggi ne è diventato il miglior alleato. Per evitare eccessive perdite di tempo all’epoca del web, la psicologia si è messa al lavoro, cominciando a trattare la procrastinazione come un problema sociale. Secondo l’American Psychological Association, un individuo su cinque è un “procrastinatore seriale”.

L’Economist ha calcolato che nei 140 milioni di ore che l’umanità ha passato guardando 2 miliardi di volte il video di Gangnam Style si sarebbero costruite altre quattro piramidi di Giza. L’università di Oxford, in un convegno l’anno scorso, ha riesumato la storia di Sant’Espedito, il martire che sulla croce riporta la scritta “Oggi” perché si ribellò a un corvo che lo invitava a convertirsi solo domani. E per chi non ha la forza di volontà per passare dai panni di Oblomov a quelli del santo, due esperti americani ci offrono dalle colonne di Psychological Science una ricetta che si presume infallibile.

Per costringerci a fare oggi quel che si potrebbe benissimo rimandare a domani — suggeriscono Neil Lewis dell’università del Michigan e Daphna Oyserman di quella della Southern California — basta cambiare l’unità di misura del tempo. Pensare che la prossima scadenza sarà fra 30 giorni anziché fra un mese «farà aumentare il nostro senso di impellenza ». E calcolando che non si andrà in pensione fra 30 anni, ma fra 10.950 giorni, si inizia a risparmiare con un anticipo quattro volte superiore.

Che il nostro elaborato cervello si faccia ingannare da trucchi tanto ingenui potrà sembrare incredibile, ma è confermato anche da altri esperimenti. L’anno scorso ad alcuni studenti fu chiesto di completare una ricerca in cinque giorni. Ma quelli che avevano come termine il 29 aprile hanno rispettato meglio l’impegno di quelli la cui scadenza cadeva il 2 maggio, nel mese successivo. La spiegazione, secondo i due psicologi americani, affonda in una duplice personalità che alberga in ciascuno di noi: il “me presente” e il “me futuro”. Il primo, che si occupa dell’oggi, finisce per assumere un ruolo di comando sul secondo. Spezzettare l’unità di misura del tempo, spiegano Lewis e Oyserman, serve a ridurre la dicotomia fra presente e futuro, e quindi a riavvicinare le due personalità. «Per agire con efficienza — scrivono i due ricercatori americani — il futuro deve sembrare imminente ».

Per due psicologi che ci invitano a sbrigarci, altri due suggeriscono di aspettare un attimo. Alla fine di giugno, alias undici giorni fa, David Rosenbaum dell’università della Pennsylvania ed Edward Wasserman di quella dello Iowa hanno scritto su Scientific American che la pre-crastinazione è altrettanto dannosa della pro-crastinazione. La tendenza a spedire una mail importante senza ponderarne il contenuto o a pagare le tasse subito anziché aspettare la scadenza solo per il bisogno di levarsi il pensiero è, scrivono i due docenti, «un altro sintomo delle nostre vite vissute sempre di corsa».

A conciliare le tesi antitetiche dei due gruppi di psicologi è per fortuna arrivato un filosofo. John Perry della Stanford University. Autore del blog
Structured procrastination , ci invita a escogitare un compito veramente arduo, ma falso, e poi a rimandarlo facendo quel che dovremmo veramente fare. «Fare meno, ingannare se stessi, ma avere lo stesso successo » è la summa della sua filosofia.



Fonte: http://m.repubblica.it


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Di Venanzio Psicologo Pescara