Quando
rappresentano un punto di appoggio e un supporto psicologico famigliari e amici
aiutano a proteggere la salute, ma se i rapporti con le persone che ci
circondano sono costellati da conflitti, preoccupazioni e pretese di attenzione gli
effetti sono totalmente opposti. Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Epidemiology and Community Health dai
ricercatori dell'Università di Copenhagen vivere relazioni problematiche
potrebbe addirittura accorciare la vita. “I conflitti, in particolare, sono
associati a un rischio di mortalità più elevato, indipendentemente da chi è la
fonte del conflitto – spiegano i ricercatori – Le preoccupazioni e le pretese
di attenzione sono associate al rischio di mortalità solo se dipendono dal
partner o dai bambini”.
La
ricerca ha incluso quasi 10 mila individui che all'inizio delle analisi avevano
un'età compresa tra i 30 e i 60 anni. Negli 11 anni successivi i ricercatori
hanno valutato chi tra partner, figli, parenti, amici e vicini rappresentasse
una fonte di stress per i partecipanti. Non solo, gli autori hanno esaminato
anche il livello di supporto psicologico a loro disposizione e l'eventuale
presenza di sintomi della depressione. Ne è emerso che le
preoccupazioni associate al rapporto con il partner raddoppiano il rischio di
morire, mentre quelle associate ai figli l'aumentano del 50% circa.
Non solo, il rischio di vivere una vita più breve aumenta anche quando i
conflitti sono frequenti. In particolare, avere un rapporto conflittuale con il partner o gli
amici porta a più che raddoppiare il rischio di decesso, mentre se i conflitti
sono vissuti con i vicini il rischio viene più che triplicato.
La situazione è ancora peggiore nel caso di chi è senza lavoro. Vivere rapporti
conflittuali e caratterizzati da preoccupazioni ed essere allo stesso tempo disoccupati porta infatti a correre un rischio di
morire pari a circa 4,5 volte quello tipico di una persona che non ha problemi
di questo tipo. Le motivazioni che possono portare al decesso sono molto
diverse fra loro. Quasi il 50% delle morti registrate durante lo studio sono
state infatti associate a un cancro, ma altri decessi sono stati causati da
malattie cardiovascolari, patologie epatiche, incidenti o suicidi.
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